Immagine tratta da GreenMe

Cosmoprof è quella che si definisce "la fiera leader mondiale per l'intera industria della cosmetica e della bellezza professionale", si tiene a Bologna e quest'anno anch'io ero presente in qualità di visitatrice.

Oltre ad aver avuto la possibilità di salutare alcuni clienti come Fler e Silver Care che partecipavano come espositori, ho visitato l'esposizione e conosciuto alcuni degli oltre 2.000 espositori.

Cosa ho scoperto? Qui di seguito troverete alcune riflessioni su quanto visto, le evidenze fanno principalmente riferimento ai dipartimenti perfumery and cosmetics rispetto a hair and nails and beauty salon.

Parole chiave beauty: inclusività e accessibilità

L'industria del beauty è stata probabilmente la prima ad aprirsi al tema dell'inclusività e a distanza di anni da quello che considero personalmente l'anno zero del beauty contemporaneo, il lancio di Fenty Beauty, è stato difficile trovare brand con linee prettamente maschili o femminili e con scelte estetiche molto spinte da un lato o dall'altro. Mi ha fatto sorridere rendermi conto che è stato più facile trovare aziende da "veri uomini" con colori neri e teschi rispetto ad una controparte tutta rosa e fiocchettini, con il risultato di una industry che nel passato era reputata prettamente femminile, aprirsi autenticamente al mondo maschile.

Parallelamente a questo ho riscontrato una proposta economicamente parlando piuttosto accessibile, chiaramente con delle eccezioni. Erano presenti sia brand entry level che di fascia media ma pochissime aziende dedite al perseguire ad esempio lo skincare di lusso.

Una delle accettazioni di inclusività è l'accessibilità e la sensazione è stata per me che l'inclusività dei brand beauty ha portato a un generale allargamento della proposta di prezzo medio e una riduzione dei prodotti top-end, per definizione esclusivi.

Plastica sì, plastica no.

Una seconda sensazione che ho colto è che l'industry ha ancora un problema con la plastica. Si tratta di una provocazione se consideriamo che all'interno di Cosmoprof era presente una divisione dedicata alla tematica della sostenibilità ma ho trovato la tematica fratturata su due punti.

Il primo punto di frattura è tra brand nuovi e vecchi, come se i secondi fossero vittime del "si è sempre fatto così", dello status quo non-ecologico, sconfitto al massimo dello sviluppo di prodotto nuovo green all'interno di una proposta convenzionale, scelta quasi più guidata dal marketing che da una effettiva presa di coscienza aziendale.

Mi rendo conto che modificare le produzioni, magari dover cambiare fornitori, toccare prodotti che sono leader per l'azienda non sia facile ma scoprire così tanti nuovi prodotti così poco empatici rispetto ai temi della sostenibilità ha fatto male.

Questa riflessione è andata in crash con il secondo punto di frattura che è tra fornitori e brand. Era infatti presente anche una divisione denominata Cosmopack dove gli espositori erano appunto i produttori di macchinari, packaging, formulazioni ed altro necessario all'effettiva realizzazione dei prodotti.

In questa sezione la comunicazione era bastata sulla ricerca di nuove soluzioni. Dagli eco-tube, al cartone, all'utilizzo di plastica riciclata, alle soluzioni per il refill, i pack morbidi, le formulazioni eco-compatibili, l'utilizzo di materie prime legate al territorio e tanto altro relegati principalmente nei loro spazi se non per quei brand che identificavo precedentemente come nuovi.

Siamo in una terra di mezzo in cui se fino a qualche anno fa un approccio sostenibile per l'ambiente era una chiave per generare preferenza, nel futuro prossimo - sulla base degli indicatori riguardanti sopratutto le nuove generazioni - sarà un elemento essenziale per essere considerati una possibile scelta e adottare anche una green o sustainable purpose sarà quanto meno fondamentale.

Un prodotto non è un brand

Ci sono sicuramente brand che possono trarre moltissimo dal prodotto in quanto effettivamente differenziante dai suoi competitors ma questo vale veramente pochissime volte, senza contare quelle in cui il brand riesce a fare effettivamente il suo lavoro e a convincerci che quel prodotto è effettivamente unico.

Minimalistic e natural sono probabilmente la parole più abusate nei quattro giorni di Cosmoprof che hanno generato un generico appiattimento della proposta, nel settore beauty quanto in quello haircare.

Considerato che spesso le formulazioni sono esattamente le stesse o più o meno personalizzate tra i vari brand, una comunicazione legata al prodotto che non tiene in considerazione il consumatore e il suo lifestyle l'ho trovato un errore piuttosto banale e diffuso ma che genera anche la grande possibilità per potenziali nuovi player con più personalità di affermarsi.

Come suona il tuo brand?

Un elemento che raramente io stessa ho preso in considerazione nella realizzazione di un brand è quello legato al senso dell'udito nonostante la multimedialità sia ormai parte della nostra vita quotidiana.

Non la pensa così l'industria dell'haircare che invece sulla musica ci ha investito parecchio, creando nell'esperienza della fiera un risultato piuttosto cacofonico, ma che mi ha offerto una vibe molto diretta su quali brand fossero più o meno affini alla mia persona (trovando quasi sempre conferma).

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