In questi giorni su LinkedIn ho visto girare parecchio un articolo intitolato The Use and Abuse of Brand Purpose ma in particolare mi ha fatto riflettere il commento di un digital strategist che notava come, a suo parere, la brand purpose non fosse necessaria alla creazione di ottimi contenuti da parte dei brand.

Ma allora da strategist mi chiedo: ha veramente senso identificare la brand purpose?

Afdhel Aziz su Medium definisce la purpose come ‘a higher order reason for a brand to exist than just making a profit’, sostanzialmente una ragione più alta secondo la quale un brand dovrebbe esistere rispetto al mero profitto. Se volessimo citare il Golden Circle di Simon Sinek - ed è chiaro che ne abbia voglia, rappresenta quindi il why

The golden circle

In base anche all’evoluzione della società attuale siamo naturalmente portati a pensare che quindi la purpose debba essere una spinta interiore dei brand a sviluppare un mondo migliore ed è qui che probabilmente cominciano le incomprensioni; come può un brand di cibo fritto, o di alcolici o di abbigliamento prodotto a basso costo nel terzo mondo avere una purpose? Siamo sicuri quindi che non sia quindi un mero vezzo?


Vale la pena però ragionare sulla distinzione tra avere una brand purpose e un business sostenibile inteso in chiave etica. La brand purpose da definizione infatti non ci chiede come il brand possa mutare il mondo in cui viviamo ma per quale motivo il brand ha senso di esistere, che sono due cose molto diverse.

La mia idea è che in un mercato dei consumi, la reason why per il consumatore debba fondamentalmente partire dalla reason why della marca; se il brand stesso non sa perché esiste perché un consumatore dovrebbe sceglierlo?

Vi porto un esempio decisamente poco scientifico ma che mi sta particolarmente a cuore. Quasi dieci anni fa quando sono andata a vivere fuori casa, nonostante non avessi grandi risorse economiche e fossi poco più di una teenager, al supermercato compravo solo pasta Barilla. Perché dove c’è Barilla c’è casa e io, arrivata da Pordenone a Milano avevo bisogno di sentirmi a casa e a scaffale non guardavo altra pasta al di fuori di lei.

Pensavate al gattino e invece no, è il soggetto traslochi che ha segnato la mia infanzia.

I brand però non sono fatti di sola purpose e a me la famiglia tradizionale era sempre stata un po’ stretta. Riflettendo ancora un po’ su Barilla penso però che ancora oggi in un contesto competitivo e sociale completamente evoluto, ci sarebbe ancora molto da raccontare su quella casa. Dove c’è Barilla c’é casa assume ovviamente la forma di un payoff, ma proviamo a definire la struttura del brand Barilla pre-2013 in un contesto odierno:

Vision: Anche lontani dal posto in cui si è nati, è possibile sentire la sensazione ci casa.

Mission: Offrire la possibilità di sentirsi a casa in meno di dieci minuti.

Purpose: Permettere a tutte le persone - indistintamente da razza, età e orientamento sessuale - di sentirsi a casa ovunque nel mondo.

Personalmente trovo che sia una brand platform fertile per l’ideazione di contenuti tanto quando probabilmente è distintiva a livello strategico da altri player.

Abbiamo quindi appena dimostrato ancora una volta in maniera poco scientifica che una brand platform completa di brand purpose rappresenta un buon piano di lavoro per generare contenuti qualitativi. 

Ma tornando al titolo di questa lunga digressione, la brand purpose è effettivamente necessaria?

In base al Paradosso di Borel anche una scimmia potrebbe riuscire a scrivere la Divina Commedia, ma se fossi un brand o un’agenzia preferirei andare a ideare dei contenuti in un’area circoscritta funzionale al brand e rilevante al consumatore finale. Per me la risposta è sì.